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17 Dicembre 2017Il Deep Web, o, peggio ancora, quella sua sotto-categoria denominata “Dark net” è, per chi ancora non lo sapesse, la parte più “pesante” della rete internet.
Si stima che solo una piccola percentuale (c’è chi afferma il 5%) del traffico internet corra sul WEB convenzionale (o “Surface web”), mentre il 95%, sconosciuto ai più, giri sul “Deep Web”.
Il Deep Web è una rete parallela voluta originariamente dall’ US Naval Research Laboratory per scopi politico-militari, specialmente per costituire un mezzo di comunicazione dato a perseguitati politici, dissidenti, rifugiati, ecc. per poter liberamente esprimere il loro pensiero contro i governi da cui fuggivano, senza il rischio di essere rintracciati.
E sì, perché il connotato tipico del Deep Web è l’impossibilità per l’osservatore esterno di monitorare la connessione in atto.
Lo strumento tecnico risiede nella anonimizzazione degli utenti, tramite la soluzione pratica di non far transitare i dati appartenenti ad una qualsiasi comunicazione direttamente dal client al server, ma attraverso i c.d. server Tor (The Onion Router) che, pare, agiscano costruendo un circuito virtuale crittografato.
Gli utenti della rete Tor eseguono un “onion proxy” (server a “cipolla”) sulla loro macchina. Questo software si connette a Tor e periodicamente negozia un circuito virtuale attraverso la rete.
L’uso della crittografia a strati (da cui deriva il termine “onion”), permette di garantire la segretezza dei dati.
Nonostante lo scopo iniziale fosse nobile, il Deep Web si è trasformato in brevissimo tempo, per evidenti ragioni, (anche) nello strumento principe della criminalità mondiale per gestire i traffici più loschi.
Si va dagli “Assassination Market” (sito dove sicari offrono i loro servigi, con tanto di listino prezzi in base all’importanza politico-economica della vittima), alla vendita di ogni tipo di sostanza stupefacente, di armi, di sostanze utili alla realizzazione di ordigni, alla comunicazione di istruzioni per eseguire attentati, alla cessione di materiale pedopornografico.
Giuridicamente parlando, cosa accade accedendo al “Deep web”?
QUALI SONO I RISCHI?
A parte i rischi “tecnici” di beccarsi un contagio da malware, da un punto di vista strettamente giuridico bisogna rilevare che, se entrare nel Deep web NON configura alcuna ipotesi di reato ed è anzi potenzialmente molto interessante, ancora oggi, proprio in ragione della assoluta difficoltà/impossibilità di individuare gli utenti che accedono a tali siti, non esiste alcuna giurisprudenza in merito, la quale presuppone invece il sorgere di una vertenza tra parti note.
Sotto il profilo penale, dando per scontato che il lettore non intenda rivolgersi a siti che offrono servizi criminali come quelli già menzionati più sopra, occorre sottolineare, comunque, che anche semplicemente procedendo al vantaggioso acquisto di beni eccessivamente “scontati” (recentemente si è sentita voce di iPhone venduti al prezzo, espresso in bitcoin – l’unica moneta ammessa nel “Deep web/Dark net” – equivalente a circa 150 dollari), la cui provenienza possa facilmente ricollegarsi a furti o frodi, potrebbe configurarsi il reato di ricettazione.
Reato che potrebbe essere contestato in un successivo momento, fuori dal “mondo virtuale” del Deep web, all’interno di quello “reale”, a seguito di un fortuito controllo dei numeri seriali di cui il cellulare “concreto” continuerebbe ad essere dotato.
Occorre, inoltre, tener ben presente che, poiché i dati cifrati delle connessioni dei vari utenti vengono trasferiti e rimbalzati da computer a computer in modo casuale, potrebbe succedere che materiale illecito, ad un momento dato, si trovi a transitare su un determinato pc ad insaputa del possessore della macchina ed a quel punto il reato potrebbe già essersi configurato.
Sotto il profilo civile, infine, è evidente che (essendo, per definizione, “non conoscibile” l’effettiva identità di chi agisce nel Deep Web), se intendessimo procedere ad acquisti leciti da venditori operanti nel Deep web, qualora venissimo truffati ovvero ricevessimo prodotti difettosi o non conformi a quanto pagato o contrattato, non potremmo sperare minimamente in un rimborso, posto che non avremmo alcuna possibilità di conoscere l’identità di chi dovrebbe prestarci tale tipo di garanzia.
Per un approfondimento sul Deep web, suggerisco un articolo che riporta un bell’intervento del Tenente Colonnello Mario Leone Piccinni Comandante della Polizia Tributaria di Lecco (dal tono un po’ allarmista) ed un bel commento di LUDOVICO RISTORI (più possibilista)
Avv. Francesco Cucci